L’anime di Devil May Cry è sbarcato da pochi giorni su Netflix e sta già facendo discutere. Portare i videogiochi sul piccolo schermo sta diventando una pratica piuttosto comune e il formato anime ci ha regalato alcuni dei migliori adattamenti videoludici di sempre. Ci stiamo naturalmente riferendo a Cyberpunk: Edgerunner e Castlevania, senza scomodare il leggendario anime dedicato ai Pokèmon che ha scandito i pomeriggi durante la nostra infanzia.

Dopo 8 episodi siamo pronti a tirare le somme e a capire dove si collochi esattamente questo adattamento di una saga così apprezzata come Devil May Cry.

Personaggi e narrativa

Devil May Cry Netflix

Adattare la trama di un videogioco al piccolo o grande schermo non è mai facile. Le differenze fra le due forme d’arte sono sostanziali e il ritmo della narrazione deve per forza di cose seguire dettami diversi, in particolare se si tratta di un franchise così longevo e intenso come Devil May Cry.

La saga di casa Capcom ha avuto più di vent’anni per svilupparsi lungo il corso di diverse generazioni di console. La serie ha avuto alti e bassi e si è adattata anche in base alla crescita del proprio pubblico e delle sue preferenze. Incapsulare questa storia non è semplice. Si era provato a fare un tentativo nel 2007, con un anime dedicato proprio al cacciatore di demoni ma nel frattempo i tempi sono cambiati e Devil May Cry non è più lo stesso di allora.

Ci riprova quindi Adi Shankar, il produttore esecutivo dietro all’anime di Castlevania, ora assumendosi la responsabilità di un franchise più contemporaneo, di cui tutti attendono il sesto capitolo.

La storia si svolge in una versione alternativa di Devil May Cry, ambientata a New York. Seguiamo le avventure del nostro Dante, che è finito nel mirino sia dei demoni che degli umani. Il cacciatore di demoni custodisce la metà di un’amuleto importantissimo, che è la chiave per aprire i cancelli fra il mondo degli umani e quello dei demoni, due piani di esistenza normalmente separati ermeticamente fra loro.

Viene immediatamente presentato un conflitto fra Darkcom, la compagnia che lavora per il governo statunitense e il White Rabbit, un villain prelevato dai manga di Devil May Cry che vuole impadronirsi dell’amuleto e del sangue di Dante per spalancare le porte di Makai, il mondo dei demoni.

La direzione dello show, pur ispirandosi chiaramente alla narrativa dei Devil May Cry 3, si discosta profondamente dal videogioco. Questo può portare qualche detrattore, o difensore in questo caso, a pensare che le lamentele della fanbase si fondino soltanto sul fatto che lo show decida di non replicare la narrativa videoludico ma, per quanto esista sicuramente una porzione insoddisfatta di questo aspetto, esistono altre criticità della serie a giustificare i rimproveri.

Viviamo ormai in un mondo in cui Minecraft e Super Mario sbancano i box office nonostante siano assolutamente disposti a piegare la lore dei rispettivi IP per raccontare una storia che si adatti al mezzo cinematografico. Seguire pedissequamente la narrativa del gioco pare non essere una garanzia di successo, e questo vale anche per Devil May Cry, che a nostro parere non riesce a colpire pienamente nel segno a causa di altri motivi legati all’esposizione e all’abilità di catturare lo spirito del videogioco.

Il successo di un prodotto del genere si gioca molto sulla capacità di ritrarre il suo protagonista e in questo caso lo show di Devil May Cry riesce a gestire l’esuberanza di Dante. La controparte anime del protagonista del gioco conserva la sua indole scanzonata e divertente, pur esplorando le sue origini legate alla famiglia.

Chi non funziona invece è Lady, una delle protagoniste dello show ispirata alla cacciatrice di demoni presentata in Devil May Cry 3. Il suo ruolo nell’anime viene completamente stravolto rispetto ai videogiochi, perchè Lady questa volta non è una cacciatrice solitaria ma parte della Darkcom, una sorta di forza paramilitare governativa al servizio del Vicepresidente degli Stati Uniti.

Sebbene gli autori riescano poi a ricucire le sue origini con quello che si rivelerà essere il miglior episodio della prima stagione, il personaggio di Lady perde un po’ di mordente a causa della situazione in cui viene collocata. Non si tratta di una cacciatrice mossa dalla sete di vendetta che la motiva ad affrontare demoni senza poter contare su alcun potere sovrannaturale, ma si riduce a leader di una fazione governativa che gioca una partita ben più ampia e meno personale.

Un’altra caratteristica di Lady su cui soffermarci sono i suoi dialoghi, che la fanno apparire rude e ostile ai limiti della parodia. Se l’intento era quello di renderla una protagonista con la quale potersi identificare, duole ammettere che l’obiettivo è fallito rovinosamente. Lady appare intrattabile e scontrosa, tratti caratteriali che non emergono assolutamente nel materiale originale.

Altri comprimari dello show invece riescono ad emergere meglio nella trasposizione televisiva, come ad esempio il White Rabbit. Il villain beneficia del fatto di non essere mai apparso nei videogiochi e questo permette agli autori di utilizzare il personaggio in maniera più indipendente e creativa, creando un catalizzatore che motiva sia Dante che la Darkcom. Un plauso va fatto anche al personaggio di Enzo, che pur essendo piuttosto diverso dalla sua versione videoludica, conserva il suo carattere comico e maldestro.

Animazioni, spettacolo e scelte di stile

Un’aspetto da lodare nella produzione dell’adattamento di Devil May Cry sono le animazioni. Tutta l’esperienza dello studio viene evidenziata nelle scene di combattimento, le quali vedono Dante muoversi in acrobazie spettacolari proprio come nel videogioco.

Gli scontri con i demoni, specialmente negli episodi centrali, rappresentano davvero il fiore all’occhiello dell’intera serie. L’unica sbavatura è l’utilizzo massiccio dell’animazione in CGI che, pur essendo ben riuscita, lascia il rimpianto di non aver potuto apprezzare più sequenze animate a mano.

L’anime di Devil May Cry poi si lascia trasportare dall’utilizzo di diversi easter egg, che gli appassionati si divertiranno a scoprire per tutta la durata dello show. Non tutti sono esattamente di ottimo gusto, ma molti fanno riferimento ad altre saghe Capcom omaggiando i padri del videogioco su cui si basa la serie.

La miglior citazione secondo noi avviene durante una scena di combattimento fra Dante e la Darkcom, quando il nostro protagonista finisce con un montante il malcapitato agente governativo che si abbatte contro un arcade. Si intravede il personaggio di Ken, che esegue anche lui un montante sullo schermo confezionando una scena perfetta sotto ogni punto di vista.

L’anime di Devil May Cry non riesce a cogliere pienamente lo spirito della nota saga videoludica, nonostante mostri il più completo rispetto del materiale originale. Gli autori si prendono libertà coraggiose, dando vita ad una serie comunque piacevole da guardare. Tuttavia l’inserimento di elementi come il governo degli Stati Uniti che assume un ruolo di primo piano e qualche piccola sbavatura tecnica separano lo show dall’essere l’adattamento di Devil May Cry in cui tutti speravamo.

Si tratta di una serie tv che scorre piacevolmente in un pigro pomeriggio primaverile ma che non sostituisce degnamente un ipotetico nuovo titolo della saga, il quale ci auguriamo arrivi il prima possibile.

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  • TOTALE
3.5

Un progetto riuscito a metà

L’anime di Devil May Cry è un esperimento coraggioso. Riesce a intrattenere quasi sempre, soprattutto grazie alle spettacolari sequenze d’azione e a un Dante ben scritto. Tuttavia, alcune scelte narrative discutibili, personaggi poco riusciti come Lady e un eccesso di CGI frenano l’entusiasmo. È un buon punto di partenza, ma non ancora l’adattamento definitivo che i fan meritano.