Il mondo degli indie italiani è una vera e propria miniera inesauribile. Abbiamo la fortuna di ospitare una scuderia immensa di creatori indipententi, motivati dalla passione dei loro progetti grandi e piccoli. A volte però capita che da questo mare emerga un titolo particolare, che erge la bandiera italiana e mostra al mondo quanta potenzialità si nasconda nel nostro Paese.

Questo è il caso di Enotria: The Last Song, il soulslike di Jyamma Games che propone un’esperienza intrisa nel folklore italiano e che fa leva sulle nostre ricche tradizioni per raccontare la propria storia e dare forma alle idee dello studio.

Oggi vogliamo rivisitare uno degli indie italiani più discussi dell’ultimo anno, che ha oltrepassato i confini nazionali e ha portato il calore della Penisola in tutto il mondo.

Un Canovaccio per domarli

Enotria: The Last Song

Come ogni buon soulslike che si rispetti, Enotria parte con una cutscene in cui vengono spiegate le origini del mondo di gioco. Jyamma non perde tempo e propone immediatamente il suo espediente narrativo, legato a doppio filo alla tradizione italiana. Il mondo è stato generato dalla Musica, la quale ha creato gli uomini come riflesso di se stessa. Gli uomini hanno celebrato le loro orgini componendo musica a loro volta, dando vita ai propri Dei e alle proprie leggende.

Gli uomini però sono caduti vittima delle loro pulsioni e si sono dichiarati sovrani del mondo. Alcuni hanno scoperto la potenza dell’arte e del suo ruolo nel plasmare il mondo. Questi Autori crearono il Canovaccio, un copione che avrebbe dominato la vita degli uomini e li avrebbe costretti ad interpretare il proprio ruolo in una recita infinita. Il mondo è ora intrappolato in una stagnaziona eterna.

Noi siamo il Senza Maschera, un personaggio senza alcun ruolo, che dovrà farsi largo nel mondo creato dagli Autori per mettere fine al Canovaccio e spezzare la maledizione.

Si tratta di un incipit molto potente, che riprende i dettami stabiliti da From Software creando un’atmosfera misteriosa e maledetta, ma che a differenza delle opere di Myiazaki non poggia necessariamente sull’oscurità opprimente del mondo di gioco e dei suoi abitanti. Il ruolo del Canovaccio può anche essere inteso come una metafora storica del nostro Paese, che dopo un’epoca colma di potenzialità artistiche come il Rinascimento, è stata ricondotta ad uno standard moderno e secolare.

Enotria: The Last Song si apre gradualmente facendoci esplorare le prime sezioni di un mondo di gioco davvero meraviglioso e artisticamente impeccabile. La ricchezza degli ambienti e del level design è senza dubbio uno dei maggiori punti di forza dell’indie di Jyamma Games, che ha chiaramente studiato approfonditamente il territorio per proporne una versione virtuale che ne catturasse l’essenza.

Già dalla prima area del gioco, Enotria ci delizia con panorami mozzafiato, che a differenza della maggior parte dei soulslike, restituiscono al giocatore una sensazione di gioia e pienezza grazie ai colori e alle luci che lo caratterizzano. L’anima italiana di questo gioco traspare in ogni pixel, che vanno a comporre un mosaico intricato piacevole agli occhi, specialmente per chi in questi ambienti custodisce ricordi d’infanzia ormai abbandonati negli angoli della memoria.

La Maschera e il gameplay

A proposito di Memoria, è arrivato il momento di discutere il gameplay di Enotria, che costituisce la parte più consistente e complessa del gioco. Gli sviluppatori intrecciano una tela intricata di sistemi di gioco, che pur garantendo un’estrema libertà di approccio, a volte può risultare eccessivamente contorta.

Il pilastro centrale che definisce il gameplay di Enotria è senza dubbio il meccanismo delle Maschere. Gli sviluppatori creano un sistema molto interessante e innovativo, che da la possibilità al giocatore di equipaggiare tre diversi loadout, intercambiabili in ogni momento durante il combattimento. Questi sono legati alle Maschere, speciali oggetti equipaggiabili che oltre a modificare l’aspetto del personaggio, corrispondono a caratteristiche uniche e statistiche che influenzano il gameplay del giocatore.

Possiamo recuperare diverse Maschere durante la nostra avventura, battendo boss o completando alcune sfide, e sperimentare con esse testandone i limiti è indubbiamente l’innovazione maggiormente degna di nota che Enotria introduce nel paradigma soulslike. Poter personalizzare tre versioni del protagonista, equipaggiando diverse armi e abilità assicura al giocatore una libertà mai vista in questo genere di titoli.

Le Maschere però costituiscono soltanto una piccola parte della costruzione della nostra build, che viene approfondita da diversi sistemi personalizzabili.

Innanzitutto Enotria ripropone il classico levelling system dei soulslike, premiandoci con della Memoria ad ogni scontro da cui usciremo vincitori. Questa costituirà la valuta del gioco e potrà essere usata per aumentare le cinque Virtù del nostro personaggio. Salendo di livello influenzeremo le nostre capacità nell’utilizzo di alcuni tipi di armi e la loro efficienza in combattimento.

Ogni Maschera poi avrà degli slot da riempire con dei Ruoli, che aumenteranno alcune caratteristiche del personaggio affini al suo stile di gioco. Abbiamo anche un sistema di Perks, che si sviluppa su quattro alberi di abilità chiamato Percorso degli Innovatori. Qui sarà possibile spendere punti per sbloccare abilità attive o passive da aggiungere ad uno dei tre loadout disponibili.

Non è finita qui, perchè il giocatore potrà sbloccare altre abilità speciali chiamate Lines. Queste sono collegabili ad uno dei quattro tasti dirzionali e ci permettono di modificare in maniera ancora più dettagliata il nostro approccio, dando accesso ad attacchi letali che ribaltano le sorti degli scontri più difficili oppure ci concedono altri importanti bonus, come ad esempio espandere la finestra del parry.

Insomma Jyamma Games si è divertita a cucire un sistema di gioco estremamente modulabile, che possa essere plasmato a seconda delle esigenze di ogni singolo videogiocatore. Questa sovrabbondanza di creatività però rischia di ritorcersi contro lo studio italiano, perchè è molto facile perdersi nei meandri dei menù tentando di ottimizzare la nostra build. Al momento dello scontro non è possibile tener traccia di tutte le abilità a nostra disposizione e quali Perk ogni specifica situazione possa attivare. Ne risulta quindi un sistema estremamente contorto, che sebbene non penalizzi la qualità del gameplay, lascia il costante rammarico di un potenziale eternamente inespresso creando una perfetta sintesi delle sorti di Enotria: The Last Song.

Boss e level design

Jyamma Games è stata molto criticata per lo stato tecnico in cui Enotria: The Last Song ha debuttato. Le animazioni dei nemici e del nostro personaggio erano troppo macchinose e sconnesse, difetto che in un gioco di questo genere diventa immediatamente evidente. Quasto chiaramente si rifletteva negativamente sulle boss-fight, che amplificavano il problema penalizzando irrimediamilmente l’esperienza.

Nel corso dei mesi gli sviluppatori però sono riusciti a risolvere molti dei bug incriminati e a ripulire il design portando i nuovi giocatori a vivere un’esperienza molto più fluida. Va detto che Jyamma Games ha impiegato tempo e risorse per appianare i difetti originali ma purtroppo spesso è la prima impressione a marchiare a fuoco la reputazione di un titolo. Uno studio indie al suo primo progetto non può contare sulla riconoscibilità del brand e paga a caro prezzo i proprie errori, ed è un vero peccato che l’incredibile potenziale creativo di Enotria sia stato danneggiato da grossolane sbavature tecniche al lancio.

Ciò che si cela dietro alle tante vituperate limitazioni strutturali è un modo di gioco davvero affascinante, ispirato agli incantevoli panorami del nostro Paese che toccheranno corde nostalgiche per chi ci è cresciuto. Jyamma ci prende per mano e ci accompagna nell’esplorazione dei mille tesori italiani ricostruiti nel magico mondo virtuale di Enotria, che passa dalle coste mediterranee di Falesia Magna agli stretti vicoli rinascimentali di Strale Velata. C’è tanto cuore nel mondo di Enotria, ed è evidente come tutto sia permeato da una grande passione e da un attento studio del materiale al quale questi ambienti sono ispirati.

La nostra avventura sarà punteggiata di scontri all’ultimo sangue contro i pericolosi boss che si frapporranno fra noi e il nostro destino. È importante centrare con successo la realizzazione di queste battaglie, che rappresentano un elemento fondamentale per i fan del genere soulslike. Siamo lieti di affermare che Enotria non delude le aspettative, con boss-fight originali e creative costruite attorno al tema che domina il gioco, ovvero quello del Teatro in Maschera.

I boss di Enotria sono tanti e non ci sarebbe spazio di approfondire ogni singolo scontro ma vogliamo menzionare quelli che a nostro parere sono i più impressionanti. Partiamo con Giangurgolo Campione di Veltha, un’imponente bestia a quattro zampe che affrontiamo nelle rovine di un’arena di epoca romana, rievocando le epiche lotte che venivano organizzate all’interno del Colosseo. Questo boss riesce a combinare velocità e potenza fisica, mettendo in difficoltà anche i giocatore più abile. Vederlo librarsi in aria con sorprendente leggerezza per poi sferrare la zampata letale è tanto pericoloso quanto stupefacente e rompe il classico schema dei boss in stile souls, che solitamente alternano creature umanoidi a indicibili orrori demoniaci.

Un’altra boss-fight memorabile è senz’altro quella contro Pantalone e Balanzone, gli Ornstei e Smough di Enotria. Le due maschere tradizionali uniscono le forze contro di noi, agendo in sinergia utilizzando gli attacchi corpo a corpo di Pantalone e i proiettili magici di Balanzone.

Non è semplice creare una boss-fight doppia che sia soddisfacente da affrontare senza essere frustrante. È necessario che i due nemici abbiano punti di forza e di debolezza distinti, mettendo alla prova le abilità del giocatore senza però soffocarlo e lasciandogli la possibilità di rispondere seguendo un ritmo che rimanga fluido per tutta la durata della lotta. Pantalone e Balanzone rispettano tutti questi requisiti sia nella prima fase, quando combattono muovendosi indipendentemente lungo tutta l’arena, sia nella seconda fase quando si uniscono a creare il Regnante Fuso, una gigantesca creatura vestita a festa che cercherà di schiacciarci sotto la suola delle sue scarpe.

Per concludere, Enotria: The Last Song è uno dei migliori esempi di indie mai realizzati da uno studio italiano. La riproduzione di un mondo di gioco ispirato alla tradizione regala al titolo un sapore autentico e la grande libertà d’approccio garantita al giocatore è frutto di una profonda conoscenza del genere e dei sistemi che governano questo tipo di videogioco.

Purtroppo una serie di problemi tecnici e la sovrabbondanza di sistemi introdotti rischiano di opprimere il giocatore, che da libero di esplorare il meraviglioso omaggio all’Italia, resta incatenato alle schermate dei menù per capire come navigare i complessi sistemi di abilità e perk per tentare di costruire il miglior personaggio possibile.

Enotria: The Last Song resta vittima delle sue stesse ambizioni. La grande mole di variabili confonde anche il giocatore più attento e la sovrabbondanza di creatività ne offusca i singoli elementi, che isolati sono tutti ottime idee ma insieme perdono il loro impatto.

Se amate il genere soulslike, Enotria: The Last Song è un’esperienza imperdibile che vi consigliamo nonstante i suoi difetti. Ci auguriamo che Jyamma Games abbia fatto tesoro di questa esperienza e che ci sorprenda con un nuovo progetto più affinato nel design ma che mantenga tutta la creatività e la passione dimostrate con questo primo progetto.

Voi avete giocato ad Enotria: The Last Song?

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