Pochi giorni fa Xbox ha annunciato l’imminente arrivo di Gears of War Reloaded, una remastered del primo storico titolo della saga firmata Epic Games che sbarca per la prima volta su PlayStation 5 e Steam. La notizia è arrivata a sorpresa ed è un’ulteriore conferma della strategia multiplatform intrapresa da Xbox. I fan di PlayStation potranno finalmente apprezzare il titolo che ha dato il via al trend degli sparatutto in terza persona e uno dei migliori esemplari di cover-shooter mai realizzati.
Inutile negare che Gears of War sia figlio dei suoi tempi, un progetto che è stato evidentemente cucito su misura secondo le preferenze dei giocatori del 2006. Bethesda ha dimostrato con Oblivion Remastered che la platea moderna apprezza ancora i capolavori di vent’anni fa ma Gears of War è molto diverso dal quarto capitolo di The Elder Scrolls. Non c’è nessun open world da esplorare, quest o personaggi con cui interagire. Gears of War ha costruito la sua fortuna sui suoi muscolosi protagonisti, le sue improbabili armi apocalittiche e un altissimo tasso di testosterone che si rivolgeva direttamente agli adolescenti dell’epoca.
Nel 2025 però quale ruolo può ricoprire una remastered di Gears of War? C’è ancora spazio per il ritorno di Marcus e dei suoi super soldati?
La potenza di Gears of War si fonde con quella di Xbox 360

All’inizio della generazione, Xbox era riuscita ad assicurarsi un vantaggio su PlayStation rilasciando la sua Xbox 360 con un anno di anticipo ma al parco titoli mancava il gioco che avrebbe dovuto sostenere il successo della console. Halo 2 era un lontano ricordo e il nome The Elder Scrolls non aveva ancora il peso e l’importanza che detiene oggi. Ci voleva un titolo esplosivo, che avrebbe attratto gli occhi di tutti gli appassionati prima che Sony potesse riconquistare il suo ruolo da protagonista con il lancio di PlayStation 3.
Xbox aveva quindi deciso di affidare tutte le sue speranze a Gears of War, una nuova IP nato dalla mente di Cliff Blezinski che in un intervista ha riassunto perfettamente l’importanza del lancio: “Xbox ha un solo pugno da sferrare prima che esca PlayStation 3 e quel pugno è Gears of War”.
La scelta di parole non è stata certo casuale, perchè la violenza e la forza bruta sarebbero stati gli ingredienti principali della nuova esclusiva Xbox. Il primo assaggio della brutalità di Gears of War è stata offerta ai fan con la demo presentata sul palco dell’E3, quando gli sviluppatori hanno mostrato il Lancer in azione. Un fucile munito di motosega adatto a fare a pezzi i nemici in un bagno di sangue oggi può semprare eccessivo ma non è un caso se l’arma è diventata l’icona della saga. Gears of War sarebbe stata una saga violenta, insanguinata e volutamente sopra le righe, simbolo di un’estetica tipicamente anni 2000 che in molti di noi ricordano con nostalgia.
Il 7 novembre 2006 Gears of War è arrivato finalmente su Xbox 360, inaugurando una saga che sarebbe diventata bandiera del marchio Xbox insieme ad Halo.
A prima vista la saga Gears of War appare la classica epopea fondata su un’iconografia tipicamente maschile, dove energumeni in armatura affrontano un’imprecisata minaccia aliena sullo sfondo postapocalittico di ciò che rimane del pianeta Sera. Xbox però nel suo ciclo di marketing precedente al lancio ha deciso di presentare il capitolo d’esordio mostrandoci la disperazione e desolazione di Marcus, e di conseguenza dell’Umanità, costretta ad affrontare l’invasione di una forza nettamente superiore in risorse, tecnologia e numeri. C’è un senso di malinconia che pervade il primo trailer e questo tema resta un filo conduttore che caratterizzarà l’intera saga.
Il trailer girato con inquadrature cinematografiche serviva a sfoggiare la potenza di Xbox 360 e di Unreal Engine 3, l’ultima creazione di Epic Games alla base di Gears of War. Il marketing innovativo di Xbox ha segnato l’inizio di un’epoca che dura ancora oggi, durante la quale gli studi di sviluppo prima di tutto cercano di comunicare un’emozione e le sensazioni che il titolo regalerà ai suoi giocatori.
Sfogare le proprie pulsioni con uno sparatutto

Negli anni i videogiochi ci hanno offerto esperienze emozionanti ed esplorato quesiti profondi facendoci dubitare della nostra stessa moralità. Gears of War non è assolutamente un titolo di questo genere.
Il titolo si presenta immediatamente come una valvola di sfogo attraverso la quale rilasciare le proprie tensioni in cambio di scatti incredibili di dopamina. Il target di questo gioco è cristallino perchè chiarisce immediatamento come il divertimento del giocatore sarà l’unica priorità. Tutto ciò è estremamente evidente in ogni aspetto di Gears of War, dal gameplay ai dialoghi fino ad arrivare alla storia, che pur essendo avvincente resta in secondo piano rispetto alla missione di offrire quella dose di adrenalina distillata ai giocatori.
La chiave del successo di Gears of War a nostro parere è la semplicità. Chiunque può impugnare il pad e orientarsi immediatamente nel gameplay e non servono tutorial per capire che bisogna trovare copertura contro un muro dilaniato dai colpi e restituire il fuoco alle Locuste intente a mitragliare la nostra posizione.
Un’altra importante caratteristica del gameplay di Gears of War è la gravità fisica di tutto ciò che ci circonda. Tutto è imponente e massiccio, i nerboruti protagonisti, le loro armi, le loro voci e persino il fatto che i loro passi riecheggiano pesanti attraverso le nostre cuffie. La sensazione è quella di controllare una sorta di carro armato umano, con la differenza che i nostri eroi non sono protetti da armature atomiche alla Fallout o piloti di mecha giganteschi, sono semplici soldati ritratti con un’estetica volutamente esagerata per attirare le masse di adolescenti.
Questa sovrabbondanza di violenza gratuita può essere guardata con sufficienza dal pubblico moderno ma Gears of War ci ricorda che i videogiochi dovrebbero essere prima di tutto divertenti. Il che non significa che non debbano esplorare narrative coraggiose e comunicare messaggi profondi, ma ogni forma d’arte ha i propri estremi e dovrebbero entrambi essere apprezzati. Per cui ben vengano il sangue, la brutalità e la violenza, stampata a macchie colanti sullo schermo del monitor, perchè il videogioco è anche questo e Gears of War ne è l’esempio più riuscito.
La validità del gameplay di Gears of War e la sua eredità come ottimo esempio di sparatutto è incapsulata perfettamente nella meccanica del ‘Reload’. Ogni volta che le munizioni terminano, Marcus deve ricaricare la sua arma e a quel punto il giocatore si troverà di fronte ad un semplicissimo minigioco, che lo incaricherà di premere il tasto al momento opportuno, quando l’indicatore appena apparso sotto il numero di munizioni si troverà il corrispondenza della sezione evidenziata della barra di caricamento. Perfezionare i propri tempi comporta non solo un aumento del danno, ma anche la capacità di ricaricare più in fretta catapultandoci nuovamente nell’azione. Una meccanica semplice che però denota una mentalità geniale degli sviluppatori, i quali non vogliono interrompere lo sterminio ma agevolare il giocatore proponendogli una piccola sfida in un momento molto delicato. Il fatto che Gears of War sia un gioco alla portata di tutti non ne diminuisce il valore, al contrario sottolinea come gli sviluppatori avessero un’idea molto chiara del loro progetto e delle sue meccaniche di gameplay.
La storia di Marcus

Non c’è dubbio che l’elemento narrativo di Gears of War, come abbiamo già ricordato, ricopri un ruolo secondario ma questo non significa che la storia di Marcus e i suoi sia banale. La trama di Gears of War è a tutti gli effetti un accompagnamento del gameplay, che serve a motivare agli occhi del giocatore le azioni dei suoi protagonisti e lo agevola a calarsi nei loro panni.
Negli ultimi anni c’è stata un’innegabile inversione dei ruoli nel mondo dei videogiochi, dominato sempre più da titoli la cui attrattiva principale è proprio la narrativa e il gameplay serve spesso ad intervallare cutscene ad alto budget che ricordano le sequenze cinomatografiche di un film o una serie tv.
Gears of War è un videogioco d’altri tempi e la sua storia non assume mai un ruolo preponderante, tuttavia per immergere il giocatore nei giganteschi stivali di Marcus Fenix serve raccontare il cammino che lo ha condotto ad imbracciare il Lancer e questo compito Gears of War lo svolge alla perfezione.
Gears of War si ambienta nel pianeta Sera, che viene travolto dall’invasione dell’Orda di Locuste nella data passata alla storia come Emergence Day. Quel giorno l’Umanità è stata quasi completamente cancellata e le Locuste l’hanno ridotta sull’orlo dell’estizione. Quattordici anni dopo il nostro protagonista Marcus Fenix si trova all’interno di una cella e viene liberato dal suo amico Dominic Santiago che lo informa di come l’Umanità ha bisogno di lui per formare l’ultimo nucleo della resistenza contro le Locuste.
Da questo momento in poi recluteremo un paio di alleati ma la missione resterà semplice. Il piano del Colonnello Hoffman è di far esplodere i tunnel sotterranei delle Locuste con uno speciale ordigno che dovrebbe fermare la loro inesorabile campagna di conquista. La gran parte dei personaggi secondarie è ritratta in maniera pittosto anonima e caricaturale ma i protagonisti invece sono memorabili, in particolare il nostro Marcus.
La sua intimidatoria presenza comunica sia il grande livello di professionalità conquistato nel corso di anni di sopravvivenza, ma allo stesso tempo riesce ad esprimere al giocatore l’emozioni dell’intero cast. Niente lo impressiona e nonostante serbi rancore a causa della sua incarcerazione, riesce a mettere da parte i propri interessi e combattere per la causa.
Il rapporto fra i membri del Dealta Team rappresenta perfettamente lo stile Xbox di quegli anni, dominato dall’emergere di una florida community unita dalla nascita di Xbox Live e che Gears of War ha incapsulato con un opera indimenticabile. Ci auguriamo che il remasetered in uscita ad agosta riuscirà a cogliere l’essenza di ciò che è stato il primo Gears of War ma siamo certi che a prescidere dal risultato l’opera di Cliff Blezinski resterà impressa negli annali della storia videoludica e nella memoria di chi è cresciuto con una Xbox 360 in camera da letto.
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