Il 2023 è stata un’annata molto prolifica nel mondo del gaming, durante la quale sono stati rilasciati dei pesi massimi com Baldur’s Gate 3 e Spiderman 2 che hanno catalizzato l’attenzione del pubblico.
Molti dei titoli indie quindi sono stati oscurati e Jusant merita di essere rivisitiato a circa un anno dalla sua uscita. Dietro al videogioco c’è lo studio francese Don’t Nod, creatore del primo Life is Strange. Questa casa di sviluppo ha attirato le attenzioni di molti grandi attori dell’industria videoludica ma, con Jusant, si è preferito creare un esperienza più contenuta, libera dalle pressioni dei grandi publisher.
Una montagna da scalare
Jusant ci cala nei panni di un ragazzo che non parla e non presenta delle nette espressioni facciali, lasciando all’ambiente di gioco il ruolo di vero protagonista. Saremo accompagnati da una bestiolina liquida e mutafurma che si posera sulla nostra spalla e che ci assisterà nella nostra scalata.
Il mondo di gioco è costituito da un deserto immenso che si perde davanti ai nostri occhi e alla gigantesca parete rocciosa che dovremo scalare. Questo ci pone un chiaro obiettivo davanti ed elimina ogni possibile malinteso. Jusant utilizza le lezioni del manuale dell’indie perfetto e non si perde in inutili spiegazioni e cutscene ma ci presenta la sua storia con il passare del tempo, man mano che interagiamo con i piccoli accampamenti e le aree che intervallano la scalata.
I colori pastello si abbinano perfettamente all’atmosfera silenziosa e desolante che racconta di un mondo andato in rovina a causa della scomparsa dell’acqua, che è un po’ il filo conduttore che lega tutta l’esperienza.
Gameplay e identità di Jusant
Scalare la montagna e capire come arrivare in cima copre quasi esclusivamente quello che dovremo fare nel corso delle tre ore di campagna. Don’t Nod però trova il modo di rendere avvincente una meccanica all’apparenza troppo semplice.
Per muovere il personaggio infatti dovremo controllare le sue mani con i grilletti dell’analogico (R2-L2/RT-LT) e saremo costretti a capire quale sia il modo migliore di scalare quella parete. Non si tratta di tenere l’analogico fisso verso l’alto e osservare il personaggio che si muove, siamo chiamati ad un approccio più interattivo che inevitabilmente ci fa identificare nel protagonista.
I collezionabili sono un altro elemento fondamentale del gioco. Potete terminare Jusant senza raccoglierne nemmeno uno e godervi i panorami che la scalata verso la cima della torre ci regala, concludendo comunque un esperienza davvero piacevole grazie ad una direzione artistica davvero ispirata.
Se però deciderete di dare la caccia a questi oggetti potrete scoprire retroscena interessanti sul perchè il mondo di gioco è ridotto in questo modo e quali sono le cause alla base della mancanza d’acqua.
Se volete il nostro consiglio, date la caccia perlomeno alle lettere di Bianca. Leggere la sua esperienza sarà un modo di rispecchiarvi in qualcuno che ha già persorso i vostri passi e vi terrà compagnia nel corso del vostro viaggio solitario.
Sul fronte del gameplay si poteva sicuramente osare di più. Ci rendiamo conto che il mondo di Jusant vuole regalarci un’esperienza introspettiva e avvolta nel mistero ma non possiamo che domandarci cosa avrebbe potuto essere se lo studio fosse stato più ambizioso.
Rispettiamo però la volontà di Don’t Nod di raccontarci una storia utilizzando un metodo poco ortodosso come può essere un semplice personaggio che affronta una montaga da scalare. Riteniamo che ci sia spazio per questo genere di videogiochi e Jusant ne è un ottimo esempio.
Lo consigliamo a chiunque abbia un debole per i videogiochi dallo stile artistico ben realizzato e che abbia voglia di spendere un pomeriggio in meditazione.
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TOTALE
Summary
Don’t Nod ci regala una seduta di meditazione con questo videogioco che presenta diverse idee sperimentali dello studio francese. Ne risula un’esperienza piacevole, distinta dal meraviglioso stile artistico che da una era identità a questo progetto