Gli sparatutto in prima persona dominano il mondo dei videogiochi tripla A ormai da anni. Il successo incalcolabile di Call of Duty ha plasmato l’industria negli ultimi vent’anni e ogni nuovo titolo della saga è capace di creare grande attesa fra il pubblico e un immenso fervore mediatico.
C’è stata un’epoca in cui però il genere degli shooter non era così popolare fra la massa e si rivolgeva ad una nicchia specifica di videogiocatori. La fascinazione dei gamers per gli sparatutto ambientati in un contesto militaristico proviene da un titolo che ha rivoluzionato l’industria a cavallo del millennio, denominato Medal of Honor.
Se avete avuto la fortuna di crescere con una PlayStation in salotto conoscerete sicuramente questa illustre saga, che ha portato la Seconda Guerra Mondiali su console e ha aperto la strada a quello che sarebbe diventato uno dei sottogeneri più famosi e redditizi di sempre. Nonostante il suo impatto culturale, la serie non è sopravvissuta alla generazione di PS3/Xbox 360 e oggi ci chiediamo il perchè.
Ritorniamo alle origini degli FPS e cerchiamo di rispondere alla domanda: che ne è stato di Medal of Honor?
Salvate il soldato Spielberg

Gli anni ’90 sono stati un periodo di grande fermento culturale per l’industria dell’intrattenimento. Il mondo dei videogiochi riscopriva la sua potenza con il lancio della prima PlayStation e al cinema venivano proiettati grandi classici che hanno fatto la storia. Uno dei principali protagonisti di questo fervente decennio è stato il regista Steven Spielberg, che nel 1999 ha fatto incetta di Oscar con il suo ‘Salvate il Soldato Ryan’.
La pellicola rilasciata l’anno precedente ha avuto il merito di ritrarre in maniera realistica il dramma della Seconda Guerra Mondiale e il regista ha deciso di voler esportare questo messaggio anche al mezzo videoludico. A suo figlio piaceva molto Goldeneye, lo storico shooter di Nintendo 64 e così Spielberg ha deciso di utilizzare la sua Dreamworks per produrre uno sparatutto che prendesse isirazione da ‘Salvate il soldato Ryan’. L’idea era quella di ritrarre il realismo della Seconda Guerra Mondiale, abbinandolo al gameplay del leggendario titolo Nintendo.
Nel 1999 esce il primo Medal of Honor e su PlayStation è un grande successo.
L’alba di una nuova era

Medal of Honor conquista sia la critica che il pubblico. Viene elogiata la capacità del titolo di trasporre in maniera realistica il teatro di guerra e si loda la capacità di Spielberg, produttore esecutivo del progetto, di essere riuscito a trasporre con successo gli stessi concetti comunicati con ‘Salvate il soldato Ryan’.
Per la prima volta uno sparatutto aveva avuto il coraggio di trattare un tema delicato come la Seconda Guerra Mondiale, senza aver paura di permettere al giocatore di vivere il terribile destino di un soldato durante il conflitto. La realistica riproduzione degli ambienti e il gameplay reattivo regalavano un’esperienza che all’epoca era considerata molto immersiva, assistita da un ottimo sound design e da una qualità grafica che sfruttava la potenza di PlayStation.
L’ispirazione a Goldeneye era evidente e, sebbene la fedeltà delle grafiche non potesse avvicinarsi a quella offerta da Nintendo 64, Medal of Honor aveva dalla sua parte un ambientazione accattivante e innovativa come quella della Seconda Guerra Mondiale.
Il successo di Medal of Honor aveva costretto le grandi software house a prenderne nota e nel 2000 EA ha deciso di acquisire i diritti della serie e inserirla nella sua sconfinata scuderia.
A questo punto Medal of Honor diventa un’istituzione del genere sparatutto e la saga produrrà quindici titoli in poco più di dieci anni. Ognuno di questi esplorava un diverso versante della Seconda Guerra Mondiale, osservata dal punto di vista di differenti fazioni protagoniste. Agli occhi dei fan però il migliore resterà sempre Meadal of Honor: Allied Assault, uno spin-off creato da una manciata di sviluppatori come esclusiva PC.
L’intervento della leadership EA era però indigesto ad una serie di sviluppatori della saga, che hanno deciso di abbandonare Medal of Honor per fondare un nuovo studio chiamato Infinity Ward. Il neonato studio indipendente, composto dai creatori del miglior Medal of Honor, non poteva sapere che il suo Call of Duty sarebbe stato il principale responsabile della caduta della saga di EA
La fine di Medal of Honor

Con l’emergere di Call of Duty, il genere degli sparatutto ha cominciato ad affermarsi fra il pubblico di massa e EA ha progressivamente perso il monopolio sugli shooter a tema militaristico. La software house non deteneva più una posizione dominante e si era trova ad inseguire Infinity Ward.
Medal of Honor stava lentamente perdendo quota e nel 2002 EA aveva lanciato Battlefield, un’altro sparatutto che proponeva un racconto realistico del teatro di guerra, abbinato ad un gameplay più strategico e autentico.
Con il passare degli anni, Battlefield si è affermato come principale competitor di Call Of Duty. La saga era diventata un successo che macinava milioni di copie vendute, offrendo un’alternativa più realistica al gameplay di Call of Duty. Battlefield era diventato, agli occhi di EA, la risposta ai problemi che avrebbero dovuto essere risolti da Medal of Honor, il quale invece si era condannato all’irrilevanza a causa della scarsa qualità degli ultimi suoi capitoli.
Nel 2012 esce Medal of Honor: Warfighter, il titolo che verrà massacrato da pubblico e critica con recensioni negative e uno scarso numero di copie vendute. Medal of Honor: Warfighter era riuscito a piazzare solamente 300.000 copie ad un mese dal lancio, mentre l’anno precedente, Battlefield 3 aveva raggiuto i 3 milioni di copie vendute già nella giornata del lancio.
L’insuccesso di Medal of Honor: Warfighter e l’inarrestabile ascesa di Call of Duty hanno convinto EA che produrre due sparatutto in competizione fra loro avrebbe solo danneggiato la compagnia e nel 2013 la leadership ha comunicato di volersi allontanare definitivamente da Medal of Honor.
Il destino è stato crudele con Medal of Honor, una saga che ha fatto la storia degli FPS e ha dimostrato come il mezzo del videogioco potesse rievocare gli orrori della guerra. La serie è caduta vittima dei suoi stessi creatori, formando le menti che ne avrebbero decretato la scomparsa definitiva. Il gruppo di sviluppatori che hanno deciso di abbandonare EA e fondare Infinity Ward hanno saputo fare tesoro degli insegnamenti appresi durante lo sviluppo di Medal of Honor e dare vita a Call of Duty, firmando la più grande storia di successo dell’universo videoludico.
È difficile immaginare un futuro in cui vedremo il ritorno di Medal of Honor ma è importante ricordare gli antenati che hanno aperto la strada al successo dei videogiochi che tutti noi amiamo.
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