I videogiochi ci hanno accompagnato da tempo immemore. Molti di noi sono cresciuti in compagnia dei propri amici virtuali, nascondendosi sotto le coperte per giocare dopo l’ora della buonanotte o anche sacrificando voti alle interrogazioni sull’altare del gaming.

Insomma chi è cresciuto con i videogiochi lo sa quanto possono essere importanti e terapeutici negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Per alcuni di noi però quegli anni iniziano a farsi un po’ sfocati nella memoria. Siamo diventati grandi, abbiamo famiglie, responsabilità e spesso non abbiamo modo di ripensare ai tempi andati.

Oggi però vogliamo portare la generazione degli anni ’90 a fare un viaggio nei ricordi, ai tempi in cui le console erano una novità e le grafiche a blocchi tridimensionali della prima PlayStation sembravano essere insuperabili. Ora abbiamo titoli fotorealistici che farebbero impallidire i bambini di allora ma chi li ha vissuti porterà sempre nel cuore la magia di quegli anni. I lettori più giovani potranno sentirsi eslusi ma non temete, arriverà un giorno in cui anche voi potrete apprezzare queste sensazioni quando i vostri ricordi diventeranno nostalgici.

La Memory Card

Memory Card anni '90

Chi ha avuto la fortuna di avere in salotto una delle prime PlayStation ricorderà senza dubbio queste preziose tavolette elettroniche che custodivano i dati di salvsataggio dei nostri videogiochi. Le Memory Card sono state un pilastro della vita dei giocatori negli anni ’90 e all’inizio del Millennio, perchè le console non avevano ancora la potenza per gestire i salvataggi di ogni partita ed era necessario un hardware esterno per compiere una mossa così automatica come quella di salvare il gioco.

Ora ci sembra un bisogno totalmente anacronistico ed effettivamente lo è diventato, tuttavia per molti giocatori la Memory Card è un simbolo della propria adolescenza. Si trattava di fotografie virtuali della vita e delle preferenze dei giocatori, rappresentate dalle piccole icone a cui corrispondevano i salvataggi. Queste icone raccontano le storie di chi si è appassionato ai videogiochi in un’epoca durante la quale la tecnologia stavamuovendo i primi passi e, per quanto siamo grati degli enormi passi avanti tecnici e grafici degli ultimi decenni, non possiamo che guardare alle Memory Card con una certa nostalgia.

I manuali all’interno delle custodie

Qui tocchiamo un tasto dolente per molti di noi, che a differenza della Memory Card facciamo fatica a giustificare con il progresso tecnologico. Ricorderete tutti un’epoca durante la quale l’acquisto di un videogioco era motivo di festa e celebrazione. Ci si recava al negozio di fiducia, dove gli scaffali erano riempiti di custodie luccicanti sulle quali campeggiavano i loghi dei titoli che aspettavamo con trepidazione.

Quando finalmente la copia finiva nelle nostre mani non stavamo più nella pelle, volevamo subito giocare. A volte però non era possibile, perchè c’era la scuola, i compiti o qualche attività sportiva a sbarrare la strada che portava al pulsante di accensione della console. In questi casi a correre in soccorso arrivava il manuale, un libretto finemente decorato dagli sviluppatori, nel quale venivano spiegati i dettagli del mondo di gioco, descritti i personaggi e spiegate alcune meccaniche.

La trepidezione e l’attesa di certo non diminuivano, ma le parole scritte su quel manuale sembravano le più interessanti al mondo. Già ci immaginavamo con il controller in mano, mentre la nostra immaginazione volava libera in attesa di quel fatidico momento.

SEGA

SEGA

Chi è nato dopo lo scocco della mezzanote del 31 dicembre 1999 SEGA è un nome piuttosto vago, associato a Sonic e a qualche IP di grande rilievo come Persona o Yakuza ma i giocatori un po’ più anziani ricordano perfettamente l’epoca in cui era SEGA a sfidare lo strapotere di Nintendo.

Prima dell’avvento di PlayStation nel 1994, SEGA e Nintendo si davano battaglia per la supremazia sull’industria videoludica. Mario e Sonic erano le mascotte più riconosciute dei videogiochi e sembrava che questa rivalità tra i due titani sarebbe stata infinita.

La discesa in campo di Sony però segnò la fine di SEGA, che dopo il fallimento di Saturn è stata relegata al ruolo di publisher cedendo definitivamente il passo alla triade PlayStation, Xbox e Nintendo. Si è trattato di una scossa epocale che ha cambiato per sempre il panorama dell’industria videoludica ma SEGA rimarrà un attore importantissimo ai fini dell’evoluzione del medium.

Chi c’era negli anni ’90 se la ricorderà e magari ogni tanto ritirerà fuori con nostalgia la propria Dreamcast.

I giochi multidisco

Il videogioco in forma fisica sta subendo pesanti batoste negli ultimi anni. Le vendite in formato digitale sono sempre più preponderanti e pare che i grandi nomi dell’industria abbiano tutto l’interesse a promuovere e sostenere questa tendenza.

Lo ha dimostrato chiaramente Nintendo, che con Switch 2 pare voglia allontanarsi sempre di più dalle mitiche cartuccie. Fino agli anni ’90 però in cui i dischi fisici erano l’unico sistema per racchiudere il lavoro di anni e permettere ai giocatori di avventurarsi nei mondi digitali dipinti dagli sviluppatori.

La tecnologia era ancora rudimentale, quindi per poter fare spazio alle epopee leggendarie raccontate nei giochi di ruolo si rendeva necessario l’utilizzo di più dischi. Chi l’ha vissuto potrà confermarvi la sensazione inconfondibile di aprire la custodia e trovarci all’interno tre o addirittura quattro dischi, ognuno dei quali conteneva un atto della avventura in cui ci stavamo per imbarcare.

La si viveva come una promessa, con la quale si anticipava l’esperienza epica di cui avremmo fatto parte una volta che il primo disco sarebbe stato inserito nella console.

Niente DLC e niente patch

Può sembrare strano al pubblico di oggi, abituato a vedere i propri giochi aggiornati costantemente dopo la finestra di lancio, ma un tempo gli sviluppatori erano impossibilitati a modificare il codice e apportare qualunque miglioria al software. Una volta stampato sul disco, il gioco era cristallizzato nel tempo. Qualunque cambiamento sarebbe stato impossibile.

Questa situazione obbligava gli sviluppatori a fare attenzione ad ogni minimo dettaglio, perchè il destino del loro gioco e spesso dello studio stesso, sarebbe stato determinato da una sola versione del progetto, quello che poi sarebbe passato alla storia.

La possibilità di modificare il gioco ed evolverlo nel tempo è senza dubbio una conquista. Ogni titolo può ambire a diventare più longevo e a restare sempre rilevante. Esistono poi tantissime storie di rivalsa, in cui gli sviluppatori si sono rimboccati le maniche e hanno ribaltato le sorti del loro titolo e la loro reputazione. Gli esempi di Cyberpunk 2077 e di No Man’s Sky parlano da soli.

Inutile negare però che questa opportunità è spesso diventata un alibi, che ha permesso a titoli sviluppati frettolosamente di essere rilasciati sotto la promessa di una futura rivalsa che non sarebbe mai arrivata. Non c’è bisogno di puntare il dito, ognuno di noi può facilmente ricordare diversi esempi.

I giocatori degli anni ’90 ricordano un tempo in cui la possibilità di modificare il gioco dopo il lancio non esisteva, ma che sia stata una conquista importante o una regressione è un giudizio che lasciamo nelle vostre mani.

Voi c’eravate negli anni ’90?

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